La necropoli si estende a Sud e Sud – Ovest dell’abitato e occupava un’area relativamente limitata. Le tombe più antiche sono ascrivibili al VI sec. a.C. ma è stato documentato un lungo riuso fino al IV/prima metà del III sec. a.C., di quelle più antiche.
Alla fase di fine VI – V sec. a.C. sono riferibili tombe a cassa scavate nella roccia o del tipo costruito con lastre di arenaria, sarcofagi litici e fittili; nonostante il rito dell’inumazione risulti prevalente, non mancavano aree di cremazione e ossuari. Sono presenti, inoltre, tombe a camera rettangolare ipogeica, in pietrelle marnose o in grandi conci di arenaria, ad uno o a due vani giustapposti spesso con dromos e accesso a pozzetto confrontabili con i tipi punici attestati a Palermo, Solunto e Selinunte. Di questo tipo è la cosiddetta Tomba della Regina scoperta negli ultimi decenni del secolo scorso: a camera ipogeica in conci di arenaria con copertura a falsa volta preceduta da breve dromos con accesso a pozzetto.
I corredi databili nel IV sec. a.C., provengono quasi esclusivamente da sepolture a cassa realizzate in piccole pietre di marna o da tombe riutilizzate risalenti, come si accennava, al periodo precedente.
L’ultima fase di utilizzo della necropoli si caratterizza per la presenza di semplici fosse terragne con modesti corredi composti da ceramica acroma.
In questa fase i corredi comprendono ceramica di produzione indigena, greca e coloniale e si distinguono per l'utilizzo di pregiati prodotti d'importazione che oltre a comprendere ceramica attica a figure nere, a figure rosse e a vernice nera includono suppellettili bronzee ascrivibili all'artigianato magno-greco e etrusco. La ceramica indigena è spesso presente con prodotti di particolare originalità in cui i motivi geometrici si combinano con il tema zoomorfo dell'airone e con il motivo a frangia secondo soluzioni stilistiche non documentate ad Est del Belice. Questa combinazione decorativa presente su alcune brocche esposte in questa sala caratterizzano un vaso di particolare pregio esposto nel Museo di Agrigento di cui viene fornita una riproduzione fotografica. L'influenza dell'artigianato punico è stata letta, invece, nella diffusione delle brocche caratterizzate da un collo rastremato a imbuto rovesciato presenti anche nell'ambito della produzione a decorazione geometrica dipinta. La ceramica attica è presente con prodotti di alta qualità, come le ceramiche a figure nere e i grandi crateri a figure rosse che alludono alla pratica del simposio e vengono assunti quali status symbol da parte della classe emergente locale. Oltre a manufatti bronzei greci (vasi, colini con manici a testa di cigno e strigili in bronzo) sono documentati prodotti dell'artigianato magno greco ed etrusco come la splendida padella con manico a figura di kouros e la brocchetta bronzea con l'attacco inferiore configurato a leone di fabbrica vulcente esposti nel Museo di Agrigento, espressione della vivacità dei rapporti commerciali con il mondo greco e magno greco e del ruolo avuto dall'elemento punico nel quadro dei rapporti commerciali etrusco punici del tempo.
I corredi databili tra il IV sec. a.C. e gli inizi del III sec. a.C. sono composti prevalentemente da ceramica a vernice nera e da ceramica a figure rosse di produzione campana, paestana e siceliota. Molti dei vasi esposti in questa sala (lekanai, pissidi a figure rosse, lekythoi tipo Pagenstecher) documentano i contatti mercantili della Sicilia punica con Lipari, centro in cui giungevano prodotti campani e in cui operarono artisti provenienti da quella regione. D'altra parte la presenza a Monte Adranone, di ceramiche italiote oltre che attribuibile a dinamiche di tipo squisitamente commerciale è stata associata direttamente alle vicende del mercenariato campano in Sicilia; la presenza di truppe campane in Sicilia era divenuta stanziale, ad esempio, nella vicina Entella a partire dalla fine del V sec. a.C., come documentano alcune emissioni monetali. Ritornando ai corredi di questa fase (pieno IV sec. a.C./inizi III sec. a.C.), accanto alla ceramica a cui accennavamo, va segnalato il perdurare della tipologia di brocche di produzione locale caratterizzate dal tipico collo a imbuto rovescio. I modesti corredi attribuibili alla prima metà del III sec. a.C., composti soprattutto da vasi acromi locali, sono espressione della decadenza politica ed economica del centro ormai tenuto sotto scacco dai Romani.