Il cosiddetto Santuario extra urbano è ubicato subito a Sud-Est della Porta meridionale del circuito murario. E’ costituito da un sacello rettangolare circondato da un muro di temenos; il recinto, di forma grossomodo trapezoidale, costruito con pietrelle a secco, delimita un’area di m 9,30 (est-ovest) x m 11 (nord-sud) al centro della quale è un piccolo edificio sacro orientato in senso est-ovest con l’ingresso sul lato lungo sud. L’area del recinto, fruibile da Sud, era caratterizzata da un rustico lastricato; il sacello, di m 6 (est-ovest) x 3,50 (nord-sud) è costruito in piccole pietre di marna, serrato agli angoli dei muri perimetrali da conci di tufo. All’interno, una parete trasversale definisce a Ovest un piccolo adyton. Al centro del vano principale una piattaforma circolare in pietra di marna viene interpretata come base di un altare rotondo. Panchine addossate alle pareti caratterizzavano il tempietto all’interno e un’altra panchina era appoggiata alla fronte del sacello; sempre all’esterno, a ridosso del tratto orientale della fronte, il foro di un bothros a contorno quadrangolare immetteva all’interno del sacello.
Le offerte votive, delle quali in questa sala si espongono alcuni contesti composti da vasetti miniaturistici e lucerne, furono rinvenute tra le pietre delle panchine e su di esse ma anche interrate in piccoli recinti nell’area del temenos secondo modalità rituali ben documentate nei Santuari dedicati alle divinità ctonie di tutta la Sicilia greca. A questo ambito cultuale strettamente connesso alle fasi della riproduzione, della fecondità della terra e anche al culto dei morti, vengono riferiti i frammenti di busti di divinità dal volto giovanile rinvenuti in una favissa terragna all’interno del temenos.
Il Santuario, sorto nei primi decenni del IV sec. a.C., nello stesso periodo in cui la città conquistata dai Cartaginesi veniva dotata di templi dedicati alle divinità fenicio-puniche (tempio punico sull’Acropoli, tempio punico del II terrazzo), documenta la persistenza di culti più antichi, di tradizione greca, che per i valori di cui si facevano portavoce (fertilità, ciclo naturale della vegetazione e della vita) finivano per “accomunare” l’elemento femminile delle varie entità etniche favorendone lo scambio culturale e l’integrazione. Indizio significativo di una frequentazione non esclusivamente greca del Santuario può essere considerata, infatti, la testa di Demetra con kalathos in pietra tenera rinvenuta nel Santuario ed esposta al Museo di Agrigento, in cui sono stati letti apporti stilistici dalla tradizione plastica fenicio – punica e suggestioni ascrivibili all’artigianato indigeno della Sicilia.